VIDEMUS NUNC PER SPECULUM IN ENIGMATE, TUNC AUTEM FACIE AD FACIEM. (Paolo di Tarso Cor I,13,12)
Il linguaggio esiste anche per essere ricombinato, rigenerato, destrutturato e poi strutturato nuovamente. Questo pensiero, all’inizio ( e sto parlando sempre degli anni del liceo, in queste prime annotazioni, perché tutto inizia in modo non cosciente in quel periodo ) era semplicemente un'intuizione, un gioco, un'idea laterale e un po’ perversa. Con il tempo è diventato un vero e proprio atteggiamento.
Non credo siano stati i libri o le letture nelle quali mi sono imbattuto in biblioteca (sempre a Ivrea, a due passi dal liceo Botta). Io credo che in quegli anni mi immedesimassi in un vero e proprio comportamento che aveva a che fare con una forma di devianza visiva, che mi spingeva a giocare con il linguaggio. Il linguaggio - per me - era, ed è tuttora, collegato al comportamento di un soggetto, (al soggetto-persona) (al me-persona).
In questo modo il soggetto può modificare il comportamento e diventare linguaggio ricombinato, e anche linguaggio visivo. E viceversa: il linguaggio visivo altera il comportamento del soggetto-persona e lo spinge verso una non-verità di sé (una verità altra).
Da una non-verità del soggetto (per me) si passa alla sparizione del soggetto originale, che muta, si trasforma in altro da sé.
Queste linee di pensiero - come dicevo - non erano strutturate in alcun modo. A me interessava praticare un atteggiamento: una messa alla prova di me stesso in un circuito mentale e virtuale in grado di riposizionare il linguaggio secondo frammenti ricombinati e a loro volta significanti.
Poi sono venuti gli stimoli legati al corpo come rappresentazione (Grotowski-Living) e al corpo come vettore artistico (la tonsura di Duchamp, le azioni e la body art di Gina Pane, le mutazioni di Urs Luthi, e l’amatissimo Chris Burden, and many many others).
Corpo e linguaggio. Body art and body theatre.
È quello che continuo a fare a distanza di 40 anni? Chi può dirlo?
Una cosa posso dire con certezza: negli anni ho conosciuto molte derive, molti sotto-menù declinati dal menù principale. Mi sono perso durante il percorso, coscientemente, volutamente assumendo il comportamento del viaggiatore, o dell’operaio-alchimista (colui che lavora alla catena del linguaggio con fare deviante e eversivo). Non so se sia giusto dire che tutto sommato non c’era un'intenzione progettuale. Non c’è mai stata. Davvero.
È stato un modo di fluttuare, galleggiando in un “flusso” (Fluxus?).
L’unica mia vera intenzione è sempre stata quella di far sparire il soggetto dell'azione, e di mutarlo in vettore artistico senza identità precisa.
L’identità artistica, quella anagrafica, per me ha sempre avuto poco senso, e mi ha sempre creato reali problemi di comunicazione (che spesso sono stati scambiati per superbia e per cattivo comportamento dagli operatori e osservatori critici).
Per me l’operaio-alchimista lavora alla fabbrica-arte.
(Ma di questo avrò modo di scrivere prossimamente. Forse.)
LINEA ROSSA INUTILE, 1978, trasferibili e pennarello su carta
1 0 5, 1978, trasferibili su carta
NERO SU BIANCO, 1977, trasferibili su carta
W + VIRGOLA, 1977, tempera e pennarello su carta
LINEA OBLIQUA SU "O", 1977, macchina da scrivere e pennarello su carta
W WITHOUT COMMA, 1977, tempera e pennarello su carta